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il Palazzo
Palazzo Baldini fa parte di un ricco circuito di residenze gentilizie che in Romagna, nel passato agricolo che caratterizza questo territorio, formavano il cuore del tessuto economico della regione. Il palazzo, dopo un’attenta opera di recupero e ristrutturazione, è oggi un agriturismo e una struttura di accoglienza di prestigio. L’impiego di materiali locali e di tecnologie avanzate di bioedilizia, il rispetto delle forme originarie, l’intervento sobrio e razionale hanno riportato l’edificio all’originario splendore.
Chi risiede a Palazzo Baldini viene a contatto con una storia complessa, le cui origini si perdono nella storia.
La porzione più antica del complesso risale al Rinascimento, a un’epoca che possiamo collocare tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Era probabilmente il casino di caccia della nobile famiglia Papini, residenti nella vicina città di Bagnacavallo, dove è ancora possibile vederne il palazzo di famiglia (attuale Palazzo Papini-Capra). Fanno parte di questa più antica struttura le stanze Cesare, Agata e Lea, che sono infatti caratterizzate da un’atmosfera più raccolta, con soffitti impreziositi da travi a vista e tavelle.
Nel XVIII secolo divenne la villa di campagna, sempre dei Papini. Nello stesso periodo il palazzo fu ampliato, probabilmente per far fronte alle rinnovate necessità di prestigio familiare della dimora, e arricchito di dipinti murali che richiamano, in puro stile Neoclassico, i celebri affreschi pompeiani, da poco scoperti. Le stanze Bartolo e Luigi e Angela fanno parte di questo ampliamento, e si caratterizzano per una maggiore ampiezza rispetto alle stanze cinquecentesche, e per la presenza, conservata, delle decorazioni dipinte originali.
Nel 1772 il palazzo fu acquistato dalla famiglia Baldini, di cui porta ancora il nome, e trasformato da residenza di campagna in casa colonica, senza rinunciare però agli arredi di lusso che ne testimoniano il passato glorioso e che rimasero visibili nel piano nobile (che fino agli anni Cinquanta del Novecento era impiegato come stanza da letto).
Il palazzo fu abitato fino agli scorsi decenni dalla famiglia dei proprietari, che oggi ne gestiscono agriturismo e azienda agricola.
Palazzo Baldini presenta una pianta quadrata, con l’ingresso principale sulla facciata della dimora rivolta verso Bagnacavallo: il collegamento di Palazzo Baldini con Bagnacavallo è testimoniato dalla presenza, in passato, di un viale, probabilmente da percorrere in carrozza, che portava fino al centro della vicina cittadina. Il viale partiva da un portale monumentale, ancora conservato in originale, decorato a bugnato, che ricorda il portale di Palazzo Papini-Capra a Bagnacavallo.
Oggi, il pregiato portale è visibile dal ristorante.
Sul tetto del palazzo, il campanile a vela della chiesa a fianco.
i Restauri
Il complesso edilizio di Palazzo Baldini, con annesso oratorio, ha origini antiche e ha subito nel tempo numerosi rimaneggiamenti e ampliamenti, che hanno portato alle articolate forme attuali.
Giovan Battista Bezzi riporta che l’oratorio di sant’Antonio abate era situato in un podere dei Papini, attiguo alla villa padronale, lungo la strada Martina nella Parrocchia di Boncellino; questo oratorio, di cui non si conosce l’epoca della fondazione, rimaneva isolato lungo la strada. In seguito il podere passò a don Pietro Baldini, che vi fece costruire un palazzo con a fianco un oratorio (la “ca’ di Iecùm”), aperto il 17 gennaio 1816 (G.B. Bezzi, Vecchia Bagnacavallo, 1962).
Dell’esistenza dell’oratorio di Palazzo Baldini si ha conferma da una lettera di Giambatta Ercolani, parroco di Santa Maria del Boncellino, datata 27 aprile 1768, con cui quest’ultimo riferiva al vescovo De Buoi che nella sua parrocchia esisteva un solo oratorio, di proprietà del conte Nicola Papini di Bagnacavallo, del quale però non conosceva a chi fosse dedicato né riceveva alcun rapporto sui diritti parrocchiali, poiché da molto tempo non veniva ufficiato (Archivio Vescovile di Faenza, Inventari, Parrocchia di Boncellino – De Buoi).
Nella Vacchetta delle Messe conservata dalla Famiglia Baldini, che in copertina riporta “Boncellino – della Famiglia Baldini – Vacchetta – delle Messe 3 da celebrarsi per obbligo annualmente nel giorno del titolare S. Antonio Abbate dell’Oratorio pubblico ora della famiglia Baldini del Boncellino – 1772”, si scopre che a partire dall’anno 1772 nell’oratorio venivano con regolarità officiate le tre messe annuali nel giorno di sant’Antonio abate titolare e che, a quella data, l’oratorio era ancora di proprietà del conte Nicola Papini. Dalla Vacchetta non si desume la data esatta in cui i Baldini acquistarono la proprietà dai conti Papini poiché, divenendone proprietari, modificarono solamente la copertina della vacchetta, ma si scopre che il nuovo oratorio dei signori Baldini fu benedetto nel gennaio 1816 da Giuseppe Giuliani, parroco di Santa Maria del Boncellino, deputato dal vescovo di Faenza Stefano Bonsignore.
Dall’analisi della cartografia del catasto Casoni risalente all’anno 1785 risulta che il podere denominato “Il Casino” era di proprietà del conte Pier Luigi Papini, e si può ragionevolmente supporre che il piccolo fabbricato, visibile in planimetria, fosse posto a poca distanza dalla casa e in prossimità del confine fosse l’oratorio in questione.
Dall’analisi in sito delle murature e dalla comparazione con la planimetria del catasto Napoleonico, databile agli anni 1812-1813, si evince che in quegli anni l’oratorio non era ancora stato costruito in adiacenza al fabbricato, ma si trovava ancora isolato lungo la strada e inoltre l’edificio non aveva più la dimensione e le forme dell’originario casino di caccia dei Conti Papini, ma era già stato ampliato e sopraelevato assumendo le sembianze di un palazzo con servizi annessi (nitide tracce di ampliamento e rialzamento sono ben visibili sulle murature). Di ciò si ha conferma consultando il catasto del 1813-1814 in cui, per ogni proprietario, sono indicate le descrizioni del casatico e del terratico, e sotto il nome Baldini Pietro risulta indicato solo casa di abitazione senza alcun cenno all’oratorio.
Dalla analisi dei paramenti murari del fabbricato si riconoscono distintamente diverse fasi storiche del palazzo, che però, vista la scarsità di fonti documentarie, non possono essere datate con certezza, né è possibile porre in un preciso ordine cronologico.
L’elemento che ancora ben si riscontra nelle murature è quello che possiamo identificare come il primo nucleo, probabilmente tardo cinquecentesco, che originariamente aveva funzione di casa di caccia, da qui deriva quasi certamente il nome del podere “Il Casino”. Questo edificio si presentava di dimensioni ridotte, di forma rettangolare (5×11 metri di lato), allineato in maniera ortogonale rispetto alla strada attuale, come testimoniano la presenza di tracce delle precedenti aperture provviste di bugne sul lato più lungo, e anche le tracce delle cornici marcapiano, eliminate in seguito al successivo ampliamento.
Al posto della scala attuale vi era un androne passante, che forse conduceva a un retrostante corpo edilizio più basso, poi inglobato nel successivo ampliamento e trasformato a sua volta nel nuovo androne di ingresso.
La scala, in precedenza, era ubicata nella stanza posta alla destra del primitivo androne di ingresso e, probabilmente, conduceva anche a corpi di fabbrica adiacenti attraverso quello che poteva essere una sorta di “balchio” (scala esterna in pietra, che spesso si prolunga in una loggia).
In seguito, probabilmente sempre per mano dei conti Papini, il fabbricato fu ampliato e rialzato aggiungendovi il piano sottotetto e assumendo forma e dimensioni simili alle attuali, con la presenza anche di diversi annessi di servizio quali scuderie, stalle e fienili.
L’attuale stalla, vista la presenza di due grandi archi nelle pareti contrapposte, doveva probabilmente essere la scuderia o rimessa delle carrozze, in tempi più recenti trasformata in stalla con l’aggiunta delle poste e la realizzazione del tipico fienile al piano superiore.
Quello che ci viene riportato da Giovan Battista Bezzi, cioè che fu don Pietro Baldini a realizzare un palazzo con annesso oratorio denominato la “cà di Iecùm”, non si riscontra dall’analisi delle murature, poiché l’oratorio in questione è inequivocabilmente addossato a una parete già esistente provvista di bugna, quindi egli, molto probabilmente, si limitò a riedificare, spostandolo, il nuovo oratorio e forse a realizzare nuovi ambienti nell’ala sopra i servizi agricoli conferendovi in facciata l’importanza di un palazzo. Questo corpo di fabbrica, infatti, presenta cornici e lesene insolite per dei semplici servizi agricoli, e sembrava proseguire in lunghezza ove ora si trova il recente piccolo edificio adibito a porcile.
Oppure furono i Baldini ad ampliare il casino di caccia trasformandolo in palazzo non appena divenuti proprietari e, in un secondo tempo cioè negli anni 1815-1816 spostarono anche l’oratorio erigendone uno nuovo a ridosso del palazzo.
Bibliografia
- Giovan Battista Bezzi, “Vecchia Bagnacavallo”, 1962
- Archivio Vescovile Faenza, Cartella Inventari – De Buoi
- Archivio Vescovile Faenza, Visite Pastorali
- Archivio Storico Comunale di Bagnacavallo, Sez. Moderna Serie 16.11 “estimi e catasti”, pz. 9 “Campione del casatico interno ed esterno delle Ville S.Michele, Pieve, Masiera, Traversara e Villanova” 1810
- Archivio Storico Comunale di Bagnacavallo, Sez. Moderna Serie 16.11 “estimi e catasti”, pz. 14 Catasto 1813-1814
- Archivio Storico Comunale di Bagnacavallo, Sez. Moderna Serie 16.11 “estimi e catasti”, pz. 17 Registri dei possidenti, 1822 – Elenco dei possessori di fabbricati con indicazione dei redditi catastali, 1890
- Archivio Storico Comunale di Bagnacavallo, Sez. Moderna Serie 12.2 “Carteggio amministrativo ordinato per materia 1801-1819”, fasc. 1816/ ”culto”
- Archivio Storico Comunale di Bagnacavallo, Sez. Moderna Serie 12.2 “Carteggio amministrativo ordinato per materia 1801-1819”, fasc. 1816/1817 ”strade”
gli Affreschi
Il piano nobile di Palazzo Baldini, al primo piano, è ornato da un ampio salone, su cui si affacciano le stanze Cesare, Agata, Bartolo e Luigi e Angela. La particolarità del salone, che lo rende unico, è la sua preziosa decorazione, realizzata ad affresco e funzionale ad accogliere ospiti e visitatori in un’ambiente di prestigiosa rappresentanza.
La scoperta più sorprendente avviene però soffermandosi a osservare la decorazione affrescata e i suoi dettagli: scopriremo allora, sul soffitto, l’immagine di piccole statue sotto edicole, raffinati personaggi ritratti di profilo, ghirlande floreali e strani animali fantastici, assai simili a quelli che vedremmo all’interno di una delle celebri case romane di Pompei… Ma che ci fa qui una decorazione in stile pompeiano?
La storia ce lo spiega: nella seconda metà del Settecento si affermò in tutta Europa il gusto per la decorazione “all’antica”, derivante dal sensazionale clamore che suscitarono le scoperte, avvenute dal 1738, delle città sepolte di Ercolano e Pompei. Le due città vesuviane, rimaste sotto una coltre di lava e lapilli dal 79 d.C., data della disastrosa eruzione del Vesuvio, si presentarono agli occhi degli scopritori in uno straordinario stato di conservazione, cosa che consentì di riprodurre, negli interni delle dimore dei benestanti dell’epoca, decorazioni ispirate a quelle rinvenute negli scavi.
Completano la decorazione del soffitto, squisitamente settecentesca, le pareti, di qualche decennio più recenti. Come in molte ville del territorio, e con un gusto che si diffonde tra Settecento e Ottocento, le quattro pareti del salone di Palazzo Baldini mimano una grande loggia aperta, da cui è possibile ammirare un immaginario panorama.
Anche la decorazione delle stanze della porzione settecentesca del palazzo sono decorate ad affresco, con motivi ornamentali vegetali.
Ecco che il soffitto di Palazzo Baldini si popola di animali fantastici, racemi vegetali, finti ritratti di imperatori, statuette di divinità entro tempietti campestri, elegantemente dipinti su un raffinato fondo bianco. Straordinaria testimonianza del Neoclassico romagnolo, da vedere, se possibile, insieme al vicino Palazzo Milzetti a Faenza, Museo Nazionale dell’Età Neoclassica in Romagna, affrescato dal celebre pittore Felice Giani.
la Chiesa
A fianco del Palazzo è ancora officiato il piccolo oratorio gentilizio, un tempo staccato dalla dimora: è dedicato a sant’Antonio abate, a pianta rettangolare con la piccola sagrestia nel retro. Delle Messe e degli eventi celebrati in questo piccolo edificio sacro è conservato un prezioso elenco manoscritto su pergamena, detto “Vacchetta”, iniziato nel 1772 e ancora conservato all’interno del Palazzo.
Al celebre santo sono dedicate diverse tradizioni, ancora vive nella chiesa di Palazzo Baldini, che sono:
– la benedizione degli animali,
– la distribuzione dell’immagine del santo, che i contadini appendevano alle porte delle stalle,
– la distribuzione del panino benedetto che, una volta mangiato, avrebbe protetto gli animali.
Alle tre tradizioni “ufficiali” se ne affianca una quarta, “ufficiosa”, un risotto fatto con ragù di carne, a cui si aggiunge parmigiano reggiano e uovo, che si mangia il giorno del santo, il 17 gennaio.
L’oratorio gentilizio è impreziosito da due tele, risalenti al periodo tra la fine del Settecento e l’inizio del secolo successivo: nella prima sono raffigurati la Madonna col Bambino e i santi Antonio da Padova (rivolto al Bambino e caratterizzato dal giglio), Antonio Abate (con bastone), Francesco di Paola (con bastone e cartiglio “charitas”) e Francesco Saverio (riconoscibile dal colletto da gesuita, la cotta, il giglio, la croce e la barba, che lo differenzia da Sal Luigi Gonzaga, che ha pure gli stessi attributi). La seconda ritrae la Trinità con la Madonna e il Bambino in gloria e i santi Domenico (con la veste tipica dell’ordine da lui fondato, il giglio e il cane con la torcia in bocca), Francesco Saverio, Francesco (con saio e croce) e Antonio da Padova (rivolto al Bambino e con il giglio).